Sarebbe
ora che qualcuno consegnasse a Paolo Bonfanti un riconoscimento, una targa, un
vitalizio, essendo uno dei musicisti italiani che possono vantare una gamma
affascinante di soluzioni e di invenzioni, nonché di linguaggi. Gran
chitarrista (basta sentire l’introduzione di Dark And Lonesome Night per farsene una ragione), raffinato ricercatore e
appassionato cantante, Paolo Bonfanti non ha avuto alcun timore, nel corso
degli anni, a confrontarsi con musicisti di livello assoluto, primo tra tutti
Roy Rogers, e quel taglio internazionale è diventato evidente con Takin’ A
Break, forse il suo disco più
personale e immediato, frutto della naturalezza con cui i musicisti che lo
seguono da tempo nelle sue peripezie (Roberto Bongianino alla fisarmonica e il
solidissimo team ritmico di Alessandro Pelle alla batteria e Stefano Risso al
basso) e di un songwriting meritevole di ogni possibile considerazione. Molto,
molto rock’n’roll, e su questo non si discute: gli esperimenti etnologici, il
dialetto, il cantautorato (tutti campi in cui Paolo Bonfanti si è destreggiato
senza esitazioni) qui sono rimandati. Le pause sono riservate alle ballate (Nowhere
Fast, splendida), ai blues (la
torbida Between Me And You) mentre la
slide di Paolo Bonfanti imperversa in tutto Takin’ A Break, compreso l’omaggio nascosto nella turbolenta Isolation
Row. Piccolo gioco di prestigio che
da solo gli vale il Grammy di HighwayItaly. (Alessandra Longo)
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