Pescando in
trascorsi musicali che riemergono con prepotenza, una certa predisposizione ai
riff chitarristici, una ritmica serrata e monolitica, i Three Seconds To Stop
alias 2TS hanno collimato con Stolen Moments una forma sonora ombrosa attorno a canzoni che hanno
tutto un loro fascino. Echi di Cure, Smiths (il falsetto di Please Tell Me
More), delle sfumature più
cupe dei R.E.M. (Lovey Dovey sembra uscire da Document), dello Sturm und Drang sonoro dei Rage Against The
Machine o degli Smashing Pumpkins (Sketches Of Pain su tutte), qualche variazione ritmica
degna dei Red Hot Chili Peppers costituiscono l’essenza primordiale del suono
dei 2TS, a cui la produzione di Evasio Muraro, cooptato in occasione della
gestazione di Stolen Moments, ha aggiunto qualche dettaglio sonoro in più nelle chitarre acustiche
e nell’evoluzione armonica delle canzoni. Singolare, da questo punto di vista,
l’apporto nella stessa Stolen Moments, forse il punto più coraggioso raggiunto dai 2TS alla
ricerca di una sintesi delle numerose ed evidenti influenze di cui sono
composti: un convinto sovrapporsi di chitarre, che si muovono secondo percorsi
ondeggianti tra il tagliente e l’accomodante, voci, con una batteria
tambureggiante alle spalle a disegnare un paesaggio non dissimile da molte
variazioni degli U2 e del loro produttore preferito, Daniel Lanois. Sound
essenziale, ipnotico, indefinito e suggestivo almeno quanto l’artwork della
copertina, quanto mai appropriato. (Eddie Spinazzi)
mercoledì 2 ottobre 2013
martedì 1 ottobre 2013
Riccardo Maffoni
Un paio d’anni fa,
in fondo a una lunga e laboriosa carriera da songwriter, non priva di
soddisfazioni, Riccardo Maffoni si è concesso una piccola, curiosa e molto
intelligente pausa, lasciando briglia sciolta alle proprie passioni che,
giudicando da 1977,
ondeggiano nei giorni pari verso Springsteen e in quelli dispari verso gli
Stones, con qualche piccola deviazione verso l’immancabile Van Morrison (Brown
Eyed Girl) e Sam Cooke con
l’inno di A Change Is Gonna Come. Gli omaggi di 1977, per quanto fedeli e precisi, sono tutt’altro che
pedanti e fin dall’inizio, Riccardo Maffoni gioca a sconfinare da un perimetro
all’altro, partendo ccon Beast Of Burden suonata come se fosse una canzone di The River. Da quell’immortale doppio album in bianco
e nero, arriva anche You Can Look (But You Better Not Touch), scarnificata in un rock’n’roll grezzo e
convincente, come se fosse stata suonata nella notte di Memphis, ed è molto
bella l’idea di spiegare cosa c’è all’origine di State Trooper, recuperando i suoni cupi, metallici e
gutturali dei Suicide, dimostrazione di una conoscenza del linguaggio e delle
sfumature impeccabile. Lo stesso vale per la versione di You Gotta Move, una canzone che abbiamo imparato tutti da
Sticky Fingers e che
Riccardo Maffoni riporta in fondo laggiù nel Delta. Ottimi anche i due inediti,
due affascinanti ballate che rispondono al nome di You’Re So Good To Me e Tonight I’m Here For You. Provate a riscoprirlo, ne vale la pena.
(Eddie Spinazzi)
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