martedì 1 ottobre 2013

Riccardo Maffoni

Un paio d’anni fa, in fondo a una lunga e laboriosa carriera da songwriter, non priva di soddisfazioni, Riccardo Maffoni si è concesso una piccola, curiosa e molto intelligente pausa, lasciando briglia sciolta alle proprie passioni che, giudicando da 1977, ondeggiano nei giorni pari verso Springsteen e in quelli dispari verso gli Stones, con qualche piccola deviazione verso l’immancabile Van Morrison (Brown Eyed Girl) e Sam Cooke con l’inno di A Change Is Gonna Come. Gli omaggi di 1977, per quanto fedeli e precisi, sono tutt’altro che pedanti e fin dall’inizio, Riccardo Maffoni gioca a sconfinare da un perimetro all’altro, partendo ccon Beast Of Burden suonata come se fosse una canzone di The River. Da quell’immortale doppio album in bianco e nero, arriva anche You Can Look (But You Better Not Touch), scarnificata in un rock’n’roll grezzo e convincente, come se fosse stata suonata nella notte di Memphis, ed è molto bella l’idea di spiegare cosa c’è all’origine di State Trooper, recuperando i suoni cupi, metallici e gutturali dei Suicide, dimostrazione di una conoscenza del linguaggio e delle sfumature impeccabile. Lo stesso vale per la versione di You Gotta Move, una canzone che abbiamo imparato tutti da Sticky Fingers e che Riccardo Maffoni riporta in fondo laggiù nel Delta. Ottimi anche i due inediti, due affascinanti ballate che rispondono al nome di You’Re So Good To Me e Tonight I’m Here For You. Provate a riscoprirlo, ne vale la pena. (Eddie Spinazzi)

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