mercoledì 25 settembre 2013

Luca Milani

Il terzo “difficile” album di Luca Milani, uno dei più intensi e profondi songwriter italiani, è la magnifica confessione di una plateale ossessione, di una promessa che non si può mantenere, di una visione che ricorre sempre dietro gli angoli della notte, dentro il vento, nel taglio di un vestito, in un cane nella nebbia. E’ quella Second Chance, l’infinita possibilità che concede il rock’n’roll, a patto di metterci l’anima, il sangue e tutti i demoni di questo mondo. Chiedetelo a Springsteen, che a sessant’anni suonati sale e scende dai palchi senza soluzione di continuità solo per provare a se stesso che solo certi sogni ci permettono di restare vivi, anche se non si avverano mai. Chiedetelo a Luca Milani, che di anni ne ha la metà e ha già capito che sarà Lost For Rock’N’Roll per sempre, perché quel miraggio lo vive, lo vede, lo sente In The Wind, On A Saturday Night, persino in un Silence Of This Town. La dura e cruda sincerità delle canzoni è tradotta alla perfezione nel sound essenziale registrati e prodotti da William Novati (bravissimo nel cogliere la ruvida natura dell’idea centrale di Lost For Rock’N’Roll) alle chitarre (quanto ne bastano), Luca Capasso alla batteria, Giovanni Calella al basso e Riccardo Maccabruni che con piano e organo aggiunge un tocco di raffinata atmosfera alle dieci spiritate canzoni di Luca Milani, capace di portarvi per mano fino all’ultimo bar alla fine del mondo. Splendido. (Marco Denti)

lunedì 23 settembre 2013

Angelo Leadbelly Rossi

Come suggerisce il suo nome, Angelo Leadbelly Rossi è un grande estimatore di quella tradizione musicale americana che attraversa il blues e il folk, ma che ormai ha varcato i confini propri degli Stati Uniti ed è diventata un patrimonio trasversale alla gente più sensibile, piuttosto che un tesoro nazionale. Per questo la copertina di I Don't Want To Take Nothing With me When I'm Gone, che ricorda da vicino le fotografie di Stephen Shore, riporta verso un'America dell'anima, piuttosto che della realtà, ed è poi dentro, tra "ossa doloranti, come vecchi ricordi di amori traditi nei deserti dell'anima". Solo una manciata di canzoni ed è lì che si scopre questo uno dei blues migliori che si suona in Italia, e non solo. Ad Angelo Leadbelly Rossi (voce, chitarre e piano) con Vittorio Bettoni (basso e tuba) e Andrea Cajelli e Angelo Fiombo (batteria) è riuscito il miracolo di interpretare suoni, linguaggi, atmosfere e suggestioni afroamericane con il piglio e l'onestà di chi li ha coltivati da sempre con passione, dedizione, sofferenza, pazienza e in un parola con l'amore per la cultura. Per cui capita di sentire le note di Ry Cooder in Brother Wim Blues, ma forse perché lui a sua volta si era ispirato a Blind Lemon Jefferson, una trasmissione di saperi, conoscenze e temi che scorre lungo le corde della chitarra e che è sempre attuale perché No More War, che conclude l'album, è l'invocazione blues dei nostri tempi. Assolutamente da riscoprire. (Alessandra Longo)

venerdì 20 settembre 2013

Stephane TV

Il terzo segnale dall’emisfero degli Stephane TV si incolla ai precedenti mostrando in modo indiscutibile la crescita di un gruppo e di un suono che, canzone dopo canzone, si è avviato a costruire un’identità ormai ben precisa. Giuseppe Capozzo alla voce (noncé autore dell’elegante artwork), Giovanni Catalano al basso, William Novati alle chitarre (anche molte acustiche, per l’occasione) e Claudio Sambusida alla batteria hanno scelto in questo frangente il lato più riflessivo e delicato degli Stephane TV facendosi aiutare da Cosimo Cinieri alle chitarre e da Andrea Girelli e Eros Kristyani alle tastiere. E’ proprio quest’ultimo che aggiunge alla sinuosa Limits of Control un coda di archi che ne sottolinea la bellezza melodica. E’ la ragione d’essere degli Stephane TV, che sanno costruire semplici gioiellini pop, brillanti e suadenti, che si insinuano con piccoli refrain e un sacco d’atmosfera. In questo sono esemplari, una volta di più, Last Days Of Joe Hill, con quei sottili arabeschi di chitarra che dialogano con le tastiere, e soprattutto Snow Covered la cui evoluzione lungo cinque minuti abbondanti si dipana una notevole varietà di soluzioni, compresa la lunga sfumatura finale (molto bella la chitarra). Da ascoltare a ripetizione. Resta da ricordare che l’insolito “growing up in public” degli Stephane TV non sarebbe possibile senza l’ausilio della Martiné Records, una piccola, intelligente realtà che merita molto più di quanto il cosiddetto mercato possa concedere. (Stefano Hourria)

mercoledì 18 settembre 2013

The Gang

Un minuzioso lavoro di ricerca, un lungo e lentissimo cammino, perché sia i semi che la speranza hanno bisogno di tempo, e di pazienza, hanno alla fine portato i Gang a celebrare il legame con la terra, già esplicito nel titolo, con la loro origine contadina, vicina ai tempi delle stagioni, della natura, ma sempre saldamente in trincea, in una lotta infinita per l'emancipazione. La sequenza delle canzoni de Il seme e la speranza, ancora prima della loro essenza musicale, è già un modello di ricognizione nella cultura legata alla terra di mezzo mondo: da This Land Is Your Land di Woody Guthrie alla storia, mai dimenticata, di Chico Mendes, dalla Pianura dei sette fratelli a A la molina no voy mas, incrociando il Sud con il Nord, le Americhe con l'Europa perché è ovunque "terra nostra" e il lavoro e il pane sono uguali, nonostante le differenti lingue, nazioni, storie e culture. In un certo senso, al di là della sua variegata natura, Il seme e la speranza chiude il lungo e laborioso ciclo che i Gang avevano inaugurato con Le radici e le ali, ma trasmette anche la sensazione, nella sua compiutezza, con la sua forza, che le loro terre saranno ancora molto fertile ed ospitali anche perché, per diralo con Alcide Cervi, "dopo un raccolto ne viene un altro". Anche per questo, la ristampa era doverosa e indispensabile perché Il seme e la speranza è uno dei dischi italiani più belli ed importanti degli ultimi anni. (Lucia Jorio)