giovedì 20 febbraio 2014

Circo Fantasma

A vent'anni giusti dall'uscita di I Knew Buffalo Bill, estemporaneo incontro tra un pugno di musicisti fieramente undeground (Jeremy Gluck dei Barracudas, Rowland S. Howard dei Birthday Party, Nikki Sudden ed Epic Soundtracks di Swell Maps e Jacobites, e Jeffrey Lee Pierce dei Gun Club) i veterani del Circo Fantasma gli hanno reso omaggio mutuandone la libera intenzione e lo spirito molto informale e molto blues. Così hano ripreso una quindici di canzoni, molte delle quali dal songbook del grande e folle Jeffrey Lee Pierce (da cui l'assonanza del titolo) e le hanno incise con una nutrita schiera di musicisti italiani e internazionali tra cui spiccano Steve Wynn e Nikki Sudden (che a suo tempo aveva partecipato anche a I Knew Buffalo Bill). Il lavoro oltre ad essere musicalmente impeccabile, nel senso di molto fedele all'anima originaria, selvatica e spiritata, di I Knew Buffalo Bill. Molte le canzoni che spiccano da Bad America a My Dreams, da River Of No Return a Ill Wind, che tradiscono le passioni teatrali e cinematografiche del Circo Fantasma e dei loro numerosi ospiti fino alla conclusiva My Heroine, unico inedito e originale (peraltro pregevole) che ha il compito e l'onore di chiudere uno dei dischi di rock'n'roll più interessanti ed importanti usciti negli ultimi anni in Italia, e non solo. Per la ricercatezza, per l'arguzia, per l'intensità e anche per quell'ormai più unico che raro spirito che lo anima. Un disco che ha anticipato i gran lavori di The Jeffrey Lee Pierce Sessions Project, motivo in più, oggi, per essere riscoperto. (Eddie Spinazzi)

martedì 18 febbraio 2014

Bluedust

Con una padronanza invidiabile nei rispettivi strumenti e una conoscenza enciclopedica della musica americana, nei Bluedust sono confluite cinque personalità con un bagaglio di esperienza che ha trovato in Blast From The Past una sua speciale definizione. Perry Meroni, voce e chitarra, se non snocciola i tradizionali del bluegrass potrebbe andare avanti per giorni a cantare Hank Williams ed Elvis. Dino Barbè al banjo conduce le danze sulle orme di Earl Scruggs ma con un drive che ha sempre un accento un po’ rock’n’roll, avendo frequentato a lungo quell’ambiente. Josh Villa alla voce e al mandolino e Tony Spezzano alla chitarra e alla voce, entrambi particolarmente brillanti, offrono i migliori contrappunti alle interpretazioni dei Bluedust, ben sostenuti dal contrabbasso di Marco Centemeri, che non perde un colpo che sia uno, neanche a sparargli. Senza discostarsi troppo dagli standard, il bluegrass è il bluegrass, le regole sono le regole, i Bluedust riescono però a infondere alle loro variazioni sul tema quel pizzico di originalità da far sì che Blast From The Past sia godibilissimo dall’inizio alla fine anche se il suo destino dichiarato è quello di ottenere un lasciapassare per farsi sentire dal vivo, dove lo spettacolo è garantito. Dall’East Virginia Blues a My Little Girl In Tennessee, Blast From The Past è un viaggio a senso unico lungo le praterie e le radici del bluegrass, ma attenzione alla versione di That’s All Right Mama, c’è sempre il più famoso fantasma d’America in agguato. (Marco Denti)

domenica 16 febbraio 2014

Jama

L’esperienza variopinta della copertina di Soma si riflette dettaglio per dettaglio nelle scoppiettanti forme sonore proposte da Jama alias Gianmario Ferrario. A tratti sembra di risentire Back To The Roots di John Mayall, dal vivo ricorda moltissimo il primo Springsteen quello più disordinato e logorroico, in alcuni passaggi coinvolge come Ben Harper e i suoi diretti discendenti ovvero Jack Johnson e John Butler. Molto ritmo (macinato da Massimo Allevi al basso e Francesco Croci alla batteria), molta psichedelia, una gran bella voce: Jama non fa mistero poi delle sue influenze, in gran parte anglosassoni e tra l’altro già rese esplicite negli omaggi contenuti in InToilettEual And Poor, l’EP che ha preceduto Soma. Con John Martyn e Van Morrison a occupare un posto stabile nella sua discoteca, Jama parte da lì per arrivare per modulare divagazioni strumentali o il divertimento corale di Country Song che conclude Soma come se fosse una festa sull’aia, con leggerezza e intelligenza. Altrove i percorsi sono più complessi perché la ricchezza musicale di Jama e del suo trio (lui compreso) è abbastanza matura da sapersi esprimere in modo efficace negli angoli di uno studio di registrazione, anche se la spontaneità dal vivo è tutta un’altra storia. Soma rimane quindi un bel biglietto da visita per un musicista che ha scelto un modo unico di proporsi, senza tanti patemi e con un brio tutto suo. Tenetelo d’occhio. (Eddie Spinazzi) 

martedì 11 febbraio 2014

Rumor

Dopo un primo, omonimo e acerbissimo EP, i Rumor hanno spiccato un salto notevole che si riflette in tutto e per tutto in questo Pois, un altro EP di cinque canzoni. Il taglio del trio, all’epoca composta da Marco Platini alla voce (più basso, sinth e altre diavolerie), Elia Anelli alle chitarre e Andrea Marini alle percussioni, si accosta senza esitazioni alle nuove generazioni della musica italiana con un uso spregiudicato della lingua e nessuna esitazione dal punto di vista strumentale, dove hanno la tendenza a colpire duro e a lasciarsi andare. D’altra parte, se possono i Baustelle, non si capisce perché non potrebbero anche i Rumor: l’essenza chitarristica di Pois richiama echi lontani di Echo & The Bunnymen o degli Smiths (Iuvullai) o dei Cure, un patrimonio che in Italia ha sempre trovato grande ospitalità, per arrivare a citare, anche con una certa spudoratezza, i primi, indimenticabili U2 nell’inciso di Di notte di nuovo o nell’incipit di Diamine!. Il sound è convincente, deciso, solido e le canzoni meritano di essere scoperte nel dettaglio, in particolare Il risveglio, un tour de force sonoro ed emotivo in cui Marco Platini e i Rumor tutti sembrano esprimersi al meglio, compresa l’eccessiva enfasi della coda finale. Belli solidi, i Rumor mostrano anche abbastanza scaltrezza da chiudere Pois con Bambini una ballata tanto morbida nei suoni, quanto oscura nelle parole, che ci stanno pure. Poco meno di venti minuti di belle speranze. Ne sentiremo parlare ancora. (Stefano Hourria)