A vent'anni giusti dall'uscita di I Knew Buffalo
Bill, estemporaneo incontro tra un pugno di musicisti fieramente undeground
(Jeremy Gluck dei Barracudas, Rowland S. Howard dei Birthday Party, Nikki
Sudden ed Epic Soundtracks di Swell Maps e Jacobites, e Jeffrey Lee Pierce dei
Gun Club) i veterani del Circo Fantasma gli hanno reso omaggio mutuandone la
libera intenzione e lo spirito molto informale e molto blues. Così hano ripreso
una quindici di canzoni, molte delle quali dal songbook del grande e folle
Jeffrey Lee Pierce (da cui l'assonanza del titolo) e le hanno incise con una
nutrita schiera di musicisti italiani e internazionali tra cui spiccano Steve
Wynn e Nikki Sudden (che a suo tempo aveva partecipato anche a I Knew Buffalo
Bill). Il lavoro oltre ad essere musicalmente impeccabile, nel senso di molto
fedele all'anima originaria, selvatica e spiritata, di I Knew Buffalo Bill.
Molte le canzoni che spiccano da Bad America a My Dreams, da River Of No Return
a Ill Wind, che tradiscono le passioni teatrali e cinematografiche del Circo
Fantasma e dei loro numerosi ospiti fino alla conclusiva My Heroine, unico
inedito e originale (peraltro pregevole) che ha il compito e l'onore di
chiudere uno dei dischi di rock'n'roll più interessanti ed importanti usciti
negli ultimi anni in Italia, e non solo. Per la ricercatezza, per l'arguzia,
per l'intensità e anche per quell'ormai più unico che raro spirito che lo
anima. Un disco che ha anticipato i gran lavori di The Jeffrey Lee Pierce Sessions Project, motivo in più, oggi, per essere riscoperto. (Eddie Spinazzi)
giovedì 20 febbraio 2014
martedì 18 febbraio 2014
Bluedust
Con una padronanza
invidiabile nei rispettivi strumenti e una conoscenza enciclopedica della
musica americana, nei Bluedust sono confluite cinque personalità con un
bagaglio di esperienza che ha trovato in Blast From The Past una sua speciale definizione. Perry
Meroni, voce e chitarra, se non snocciola i tradizionali del bluegrass potrebbe
andare avanti per giorni a cantare Hank Williams ed Elvis. Dino Barbè al banjo
conduce le danze sulle orme di Earl Scruggs ma con un drive che ha sempre un
accento un po’ rock’n’roll, avendo frequentato a lungo quell’ambiente. Josh
Villa alla voce e al mandolino e Tony Spezzano alla chitarra e alla voce,
entrambi particolarmente brillanti, offrono i migliori contrappunti alle
interpretazioni dei Bluedust, ben sostenuti dal contrabbasso di Marco
Centemeri, che non perde un colpo che sia uno, neanche a sparargli. Senza
discostarsi troppo dagli standard, il bluegrass è il bluegrass, le regole sono
le regole, i Bluedust riescono però a infondere alle loro variazioni sul tema quel
pizzico di originalità da far sì che Blast From The Past sia godibilissimo dall’inizio alla fine
anche se il suo destino dichiarato è quello di ottenere un lasciapassare per
farsi sentire dal vivo, dove lo spettacolo è garantito. Dall’East Virginia
Blues a My Little Girl In
Tennessee, Blast From The Past è un viaggio a senso unico lungo le praterie e le radici del
bluegrass, ma attenzione alla versione di That’s All Right Mama, c’è sempre il più famoso fantasma
d’America in agguato. (Marco Denti)
domenica 16 febbraio 2014
Jama
L’esperienza variopinta della
copertina di Soma si riflette dettaglio per dettaglio nelle scoppiettanti forme
sonore proposte da Jama alias Gianmario Ferrario. A tratti sembra di risentire Back
To The Roots di John Mayall, dal vivo
ricorda moltissimo il primo Springsteen quello più disordinato e logorroico, in
alcuni passaggi coinvolge come Ben Harper e i suoi diretti discendenti ovvero
Jack Johnson e John Butler. Molto ritmo (macinato da Massimo Allevi al basso e
Francesco Croci alla batteria), molta psichedelia, una gran bella voce: Jama
non fa mistero poi delle sue influenze, in gran parte anglosassoni e tra
l’altro già rese esplicite negli omaggi contenuti in InToilettEual
And Poor, l’EP che ha preceduto Soma. Con John Martyn e Van Morrison a occupare un posto
stabile nella sua discoteca, Jama parte da lì per arrivare per modulare
divagazioni strumentali o il divertimento corale di Country Song che conclude Soma come se fosse una festa sull’aia,
con leggerezza e intelligenza. Altrove i percorsi sono più complessi perché la
ricchezza musicale di Jama e del suo trio (lui compreso) è abbastanza matura da
sapersi esprimere in modo efficace negli angoli di uno studio di registrazione,
anche se la spontaneità dal vivo è tutta un’altra storia. Soma rimane quindi un bel biglietto da visita per un
musicista che ha scelto un modo unico di proporsi, senza tanti patemi e con un
brio tutto suo. Tenetelo d’occhio. (Eddie Spinazzi)
martedì 11 febbraio 2014
Rumor
Dopo
un primo, omonimo e acerbissimo EP, i Rumor hanno spiccato un salto notevole
che si riflette in tutto e per tutto in questo Pois, un altro EP di cinque canzoni. Il taglio del trio,
all’epoca composta da Marco Platini alla voce (più basso, sinth e altre
diavolerie), Elia Anelli alle chitarre e Andrea Marini alle percussioni, si
accosta senza esitazioni alle nuove generazioni della musica italiana con un
uso spregiudicato della lingua e nessuna esitazione dal punto di vista
strumentale, dove hanno la tendenza a colpire duro e a lasciarsi andare. D’altra
parte, se possono i Baustelle, non si capisce perché non potrebbero anche i
Rumor: l’essenza chitarristica di Pois richiama echi lontani di Echo & The Bunnymen o degli Smiths (Iuvullai) o dei Cure, un patrimonio che in Italia ha sempre
trovato grande ospitalità, per arrivare a citare, anche con una certa
spudoratezza, i primi, indimenticabili U2 nell’inciso di Di notte di nuovo o nell’incipit di Diamine!. Il sound è convincente, deciso, solido e le canzoni meritano
di essere scoperte nel dettaglio, in particolare Il risveglio, un tour de force sonoro ed emotivo in cui Marco
Platini e i Rumor tutti sembrano esprimersi al meglio, compresa l’eccessiva
enfasi della coda finale. Belli solidi, i Rumor mostrano anche abbastanza
scaltrezza da chiudere Pois con Bambini una ballata tanto morbida nei suoni,
quanto oscura nelle parole, che ci stanno pure. Poco meno di venti minuti di
belle speranze. Ne sentiremo parlare ancora. (Stefano Hourria)
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