martedì 1 aprile 2014

Daniele Ronda

Non è la prima rivoluzione a cui Daniele Ronda si applica con il solito entusiasmo. Aveva già lasciato la canzone leggera italiana per intrufolarsi nel mondo curioso del dialetto e della tradizione, in cui si è districato con una destrezza tutta sua. A riprova, La sirena del Po è ancora lì da sentire, visto che è approdata sulle rive del fiume poco più di un anno fa. Nel frattempo Daniele Ronda, oltre a macinare chilometri su chilometri con un’intensità degna dei grandi artisti, ha scelto ancora di giocarsi il futuro tirando la monetina, senza guardare troppo a cosa fanno il fuoco e il tempo, due elementi che consumano senza rimedio. Ha rimesso mano al Folklub (che non è mai stato così solido) e, sorpresa, tra la via Emilia e il West ha schiacciato l’accelleratore proprio in quest’ultima direzione. La rivoluzione, più che per l’universo lirico di Daniele Ronda, che si va delineando sempre con maggiore precisione (basta concedergli Un attimo, per capirlo) si mette il gioco sollevando una gran polvere di suoni irlandesi e americani, con alcune inedite sferzate di rock’n’roll, che è sempre meglio della rivoluzione. Non si tratta proprio di una novità, perché chi l’ha seguito dal vivo nei suoi coloriti happening sa che il Folklub non bada a spese, ma dentro La rivoluzione è evidente che sta crescendo un capitano capace di cambiare tutto, senza cambiare niente, che è poi la prerogativa principale per diventare grandi. (Marco Denti)

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