E’
uno strano oggetto non identificato, questo Lullabirds degli Stephane TV, frutto della liquidità del mondo
digitale, dove tutto può succedere, e in genere succede. Non è il loro disco
d’esordio (e restiamo ancora in attesa), anche se raccoglie i frutti dispersi
del work in progress che li ha portati a incidere e a pubblicare tre diversi EP
nonché un paio di interpretazioni d’autore, Nick Drake e gli Stones (giusto per
ricordare di cosa stiamo parlando) nei tributi promossi dalla benemerita
Martiné Records. Non è un’antologia perché è logico pensare che gli Stephane TV
abbiamo più futuro davanti che passato alle spalle, eppure rimane a oggi la
loro sequenza musicale più rappresentativa e coerente. Qualcosa dovrà pur
essere, Lullabirds, e allora
scorrendo le quattordici canzoni allineate giusto sulla durata di un’ora
(secondo più, secondo meno) è facile scoprire che si tratta della migliore
dimostrazione possibile delle qualità degli Stephane TV. Lullabirds è la conferma che sono capaci, anche sulla lunga distanza,
di regalare una nutrita varietà di atmosfere (che devono molto alle loro
passioni cinematografiche), sempre costruite da un’architettura strumentale
insolita e affascinante. Chi li ha seguiti EP dopo EP, (e ha fatto bene)
ritroverà un sacco di piccole sorprese sonore, tutte intatte anche perché le
tracce sono state rimasterizzate per l’occasione. Chi incontra qui per la prima
volta gli Stephane TV, è facile che faccia una gran bella scoperta. (Eddie Spinazzi)
mercoledì 23 aprile 2014
martedì 1 aprile 2014
Daniele Ronda
Non è la prima
rivoluzione a cui Daniele Ronda si applica con il solito entusiasmo. Aveva già
lasciato la canzone leggera italiana per intrufolarsi nel mondo curioso del
dialetto e della tradizione, in cui si è districato con una destrezza tutta
sua. A riprova, La sirena del Po è
ancora lì da sentire, visto che è approdata sulle rive del fiume poco più di un
anno fa. Nel frattempo Daniele Ronda, oltre a macinare chilometri su chilometri
con un’intensità degna dei grandi artisti, ha scelto ancora di giocarsi il
futuro tirando la monetina, senza guardare troppo a cosa fanno il fuoco e il
tempo, due elementi che consumano senza rimedio. Ha rimesso mano al Folklub
(che non è mai stato così solido) e, sorpresa, tra la via Emilia e il West ha
schiacciato l’accelleratore proprio in quest’ultima direzione. La rivoluzione,
più che per l’universo lirico di Daniele Ronda, che si va delineando sempre con
maggiore precisione (basta concedergli Un attimo, per capirlo) si mette il gioco sollevando una gran
polvere di suoni irlandesi e americani, con alcune inedite sferzate di
rock’n’roll, che è sempre meglio della rivoluzione. Non si tratta proprio di
una novità, perché chi l’ha seguito dal vivo nei suoi coloriti happening sa che
il Folklub non bada a spese, ma dentro La rivoluzione è evidente che sta crescendo un capitano capace di
cambiare tutto, senza cambiare niente, che è poi la prerogativa principale per
diventare grandi. (Marco Denti)
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