venerdì 19 ottobre 2018

The ACC

Si respira un’aria da lupi affamati nell’esordio degli ACC, ensemble composto attorno alle personalità di Edward Abbiati e Stiv Cantarelli (che è anche il produttore di Beautiful, At Night) con l’ausilio di Joe Barreca e Antonio Perugini, un sound perentorio che riporta a cavalcare le trame notturne (Saturday Night e Another Muddy Night) e tenebrose (Dog Beat The Devil e Old Satan Revisited ripescata dagli archivi di Townes Van Zandt) di un mondo crespucolare e d’altra parte un’invocazione vitale e potente come One Life Ain’t Enough. Le voci di Stiv Cantarelli e Edward Abbiati, molto diverse, si sommano con naturalezza mentre sullo sfondo si snodano trame sonore graffianti (con ospiti di riguardo quali Mike Brenner, Chris Cacavas, Richard Hunter) e una granitica concezione del ritmo, che pare aver fatto suo il motto di Never Gave Up. Una canzone i cui evidenti echi di Neil Young & Crazy Horse (richiamati ancora in Life’s Calling), riflettono molto bene l’umore di Beautiful, At Night almeno quanto la tensione di I Want You To Like Me ricorda quando gli X cantavano “sotto un grande sole nero”. Come diceva Walter Lippman in un libro da rileggere spesso (L’opinione pubblica)  “nella moderna civiltà industriale il pensiero procede in un bagno di rumore”: una riflessione che condensa come meglio non si potrebbe l’essenza di Beautiful, At Night dove l’immediatezza (tagliente, distorta, dritta in faccia) del rock’n’roll è quel veicolo indistruttibile che, una volta uscito dal garage, può arrivare ovunque. Usare a tutto volume, senza alcuna precauzione, più volte al giorno. (Marco Denti)

venerdì 14 settembre 2018

Big Man James Trio

Davvero una bella sorpresa, riscoprire la formula essenziale del power trio, mescolando un po’ le carte in tavola e sfruttando tutte le possibilità che offre per un biglietto da visita efficace e immediato quale è Another. Il Big Man James Trio (composto dal cantante e chitarrista Giacomo Cassoni, da Fedexina Rossi alla batteria e Michele Zanoni al basso) spazia con eleganza in tutte le sfumature della musica afroamericana, con sufficiente disinvoltura da mascherare senza esitazioni l’origine nostrana (lodigiana, per la precisione). I cambi di registro, pur nell’uniformità delle esecuzioni, sono notevoli: Love Is Not All si snoda come una soul ballad e poi viene trascinata da un bell’assolo di chitarra, il riff Moonlight sta tra i Gov’t Mule e i Black Crowes con una bella armonica al centro della canzone, Funky Trip è proprio come dice il titolo e  Another comincia come una ballata di Neil Young e poi s’inerpica come un inno rhythm and blues. Colpisce anche la qualità delle composizioni, sia quando le chitarre si fanno acustiche (Satisfaction, che sfocia in un coro quasi gospel, e My Cloud che invece si avvicina alle radici folkie), sia quando il Big Man James Trio alza il tiro elettrico e ritmico con Without You e con il tour de force di Little Curly che conclude Another con le stesse sfumature soul con cui era cominciato, con l’aggiunta di una breve coda hendrixiana. Il gruppo è compatto ed elastico quel tanto che basta da superare ogni singolo passaggio con abilità e senza posticci sfoggi di virtuosismo: le canzoni sono sempre il cuore di Another, che mette in chiaro molte possibilità per il futuro dei Big James Trio (www.bigmanjames.com). Di più possono fare (e di solito, lo fanno) soltanto dal vivo, esperienza vivamente consigliata. (Marco Denti) 

venerdì 27 aprile 2018

Dr. Faust

Da trent’anni a questa parte Dr. Faust alias Fausto Scaravaggi imperversa indomito e infaticabile sulle strade della pianura e tra i sentieri delle valli proponendo un’irresistibile miscela il cui ingrediente fondamentale resta pur sempre il rock’n’roll. Un passione coltivata ad ampio raggio: già promoter in tempi pionieristici quando suonare dal vivo era una scommessa, appassionato speaker radiofonico, creatore di fantine, Dr. Faust si è infine mobilitato attorno ai suoi inamovibili punti di riferimento: il blues (è soprattutto un valente armonicista), Bob Dylan (da cui per un breve periodo mitigò lo pseudonimo Blind Boy Grunt) e Joe Strummer che, con o senza Clash, ha dettato la via, ora e sempre. La sua carica gli ha permesso di battere ogni singolo locale, festival, stamberga (in compagnia di Renato Dal Corso, grande bassista e da tempo suo “partner in crime”), dove fosse possibile scatenare le danze, evocando tutti i sacrosanti spiriti, da Robert Johnson a John Belushi. Indipendente da tutto e da tutti, con un’insana voglia di divertire e di divertirsi, Dr. Faust ha collezionato, nel frattempo, una variopinta discografia cominciata già nel 1990 con Reattori atomici e andata via via infoltendosi attraverso le diverse incarnazioni delle sue rock’n’roll. Ma è dal vivo che la natura di Dr. Faust si manifesta in una tempesta perfetta, in quella singolare e rara magia che accomuna l’indole dei fans a quella dei musicisti e che per, fosse solo un breve istante, azzera la fatica, la noia, la strada tutto il resto per una semplice scintilla di joie de vivre, e un paio di birre, che non guastano mai. Più che di una carriera, bisognerebbe parlare di un miracolo, ma trattandosi del blues e del suo figlio prediletto, il rock’n’roll, non è il caso. (Marco Denti)

mercoledì 11 aprile 2018

Reckless

Animati da un coacervo di passioni musicali, in apparenza distanti e divergenti tra loro, i Reckless convogliano in sei tracce (più un raffinato Incipit strumentale) una prima prova di straordinaria esuberanza ed energia. Maniac Attittudes Forged In Administrations (studiate con attenzione l’acronimo) svela che i lodigiani Andrea Sanna (voce), Matteo Siciliano (chitarre e voce), Federico Tucci (basso) e Leone De Vecchi (batteria) hanno scovato un sound corposo e personale (valga su tutte il monolitico Explicit finale) su cui proiettano suggestioni e inquietudini a forza di riff elettrici e durissimi, ma anche di un’appropriata cura melodica. Gli esperimenti linguistici comprendono lo slang originale del rock’n’roll in World’s Emptiness e la lingua nostrana in Pastapizzamafiamandolino e Odio, quest’ultima comprensiva di un’escursione nell’hip-hop (in chiave Rage Against The Machine) con la partecipazione e la condivisione di un amico rapper, Rumble. Comprensiva di una frase che dovrebbe far pensare i sociologi che studiano le nuove (ma anche le vecchie) generazioni: “Alla resa preferisco la sconfitta”. Il biglietto da visita dei Reckless comprende anche le sfumature folkeggianti (ma sempre con il volume dell’amplificatore girato sul dieci) all’inizio di Ulysess, una canzone che potrebbe benissimo stare nel repertorio dei Dropkick Murphys, la rock’n’roll band più rumorosa di Boston. Tutto autoprodotto, indipendente e genuino. Consigliatissima la prova del nove, dal vivo. (Marco Denti)